Tutto è possibile

Categoria: Tutorial

Tutorial o guida per aiutare a fare qualcosa

Fotografare con le Cineprese

Da tanti anni c’è la “moda” di fare le riprese con le fotocamere, anche a costo di lavorare peggio rispetto alle telecamere (mancanza di autofocus video continuo, audio pessimo, problematiche di gestione su riprese lunghe, stabilizzazione, ergonomia per il video etc etc) e quasi ci siamo dimenticati della parte fotografica. In passato feci un post provocatorio su una delle fotocamere più usate per il video, analizzando la parte fotografica, oggi farò un articolo ancora più sconvolgente… fare le fotografie con una cinepresa… la pocket4k di Blackmagic Design.
In realtà questa “pretesa” avviene da secoli, dagli anni 90 i clienti chiedevano grab di video in formato SD interlacciato per passarli ai grafici per la creazione delle copertine delle VHS, e con imbarazzo cercavo di spiegare e far capire che la definizione, la qualità del colore, e tanti altri elementi avrebbero causato risultati di basso livello…
Intorno al 2009 (quindi solo di recente) Red fu la prima a proporre le estrazioni dei frame dai loro shooting 4k come alternativa alle fotografie, e sembrò che quella bestemmia stesse per rovinare il mondo della fotografia, quando in realtà chiunque abbia qualche cognizione tecnica di video e di fotografia sa che o si riprende per il video (otturazione corretta per la percezione del movimento) o si riprende per la fotografia (otturazione alta per immagini nitide senza micromosso).

Considerati gli alti costi delle Red tale progetto fu accantonato dal marketing che cercava di vendere le Red come macchine fotografiche, ma non ne avevano aspetto, ergonomia e vantaggi completi rispetto alle tradizionali Reflex.

Di recente (agosto 2019) a causa di un intoppo tecnico dell’ultimo momento, la fotocamera inutilizzabile, ho dovuto “inventare” un modo efficiente di usare quello che avevo per fotografare, ovvero la Blackmagic Design Pocket Cinema Camera 4k.
La camera è una cinepresa con sensore 4k sviluppato da Sony (lo stesso della gh5s e della Sony ALpha7), con la capacità di scattare tramite il bottone fotografico dei fotogrammi DNG non compressi o riprendere… ovvero fare delle raffiche da 60 fotogrammi al secondo di 10 mpx per … un sacco di tempo.

Il pulsante di scatto fotografico è stato implementato per poter catturare dei frame non compressi raw per uso VFX o per fare immagini con la stessa colorimetria del filmato (mia richiesta a BMD fin dalla prima cinema camera, dove emulavo tale operazione con la funzione del timelapse, e successivamente anche con la Production Camera 4K), ma ha un difetto E’ LENTISSIMO!!!

La reattività del bottone rende tale funzione inutilizzabile per uno shooting fotografico più serio, ma usare invece la ripresa e poi estrarre i frame raw, è una soluzione più flessibile ed efficiente per il risultato finale.

Durante la mattina, superati i timori di scatto, gestiti i problemi di messa a fuoco sotto il sole, alla fine sfruttando falsi colori e peaking sono riuscito a portare a casa un discreto numero di scatti.

Una volta scelto il tempo di otturazione usavo la rotella per cambiare il diaframma, tranquillo che in raw avrei potuto gestire iso senza problema in post (la pocket ha un raw iso invariant), un tempo adeguato per gestire la luce, che essendo costante non dovevo toccare più di tanto, col fuoco manuale (al quale sono abituato anche nello scatto fotografico) mi sono trovato abbastanza tranquillo negli scatti.

Ho scelto volontariamente di usare una Lexar 128gb che supporta la registrazione in Q0 per alcuni secondi, per cui invece che preoccuparmi del fatto che la scheda mi permettesse solo riprese da pochi secondi, ho lavorato come se avessi quella scheda per le raffiche da 3-4 secondi alla volta. Avrei potuto usare l’ssd collegato, ma avrei dovuto fare più click sul bottone di ripresa, invece così era come scattare con una fotocamera, ma più frame al secondo, per più tempo 😀

Una volta tornato a casa ho controllato le immagini, i Dng che ho tentato di scattare in parallelo per avere alternative alla sequenza in Braw Q0 e alla fine mi sono sorpreso di come le differenze tra dng e braw in Q0 fossero quasi nulle in nitidezza, DR e qualità generale.

Non molti hanno notato che le BMD con il nuovo Os hanno la possibilità di scattare usando l’otturazione in gradi, oppure in tempi, più famigliari per lavorare in fotografia.
Per evitare il micromosso ho scelto di lavorare ad 1/520, adattando diaframma e iso per gestire l’esposizione.

Il flusso di lavoro che ho sviluppato per gestire poi il materiale è semplice :

  • Importazione di Braw dentro Resolve.
  • Creazione della timeline con le clip.
  • Navigazione e scelta dei frame che ci interessano.
  • Dal pannello Camera usare la funzione Export Frame per salvare un frame braw (senza ricompressione salviamo un frame raw per l’archiviazione).
  • Creazione di un nuovo progetto che caricherà i singoli frame raw e Dng per poi esportare una sequenza di TIFF 16bit con la corretta colorimetria per file raw.
  • importazione in un normale programma di gestione fotografica (Photoshop, Lightroom, CaptureOne) per le normali lavorazioni fotografiche.

In alternativa, chi utilizza Adobe Premiere può fare la stessa cosa acquistando il Braw Studio di Autokroma, lo sviluppatore Antoine ha introdotto su mia richiesta la funzione di export di un frame 16bit direttamente dalla sorgente raw dalla versione 1.61.

Pro

  • Colorimetria ricca e con ampio spazio di lavoro
  • Sequenze fotografiche di durata quasi infinita, ottima per lo sport
  • In caso di fuochi difficili è possibile focheggiare durante la ripresa per avere le certezze di fuoco sequenziali
  • Si ha già la camera con se mentre si fanno i video

Contro

  • Flusso di lavoro più lungo del solito
  • Fuochi difficili senza ausilii (un semplice paraluce risolve il problema).
  • Necessità di supporti più capienti.
  • Otturazione che non può scendere sotto 1/24 nè andare sopra il 1/720

Qui sotto potete vedere un esempio in cui diventa improbabile scoprire quale è di fonte Dng e quale è un frame BrawQ0, solo facendo il download degli originali dai quali sono escluse le modelle, per questione di copyright.

Da qui posso pensare che l’acquisto della sorella 6k (21mpx di risoluzione) diventi una soluzione interessante in quelle situazioni dove i fuochi siano più controllabili e la necessità di cogliere con raffiche sfumature e dettagli che nelle raffiche di una fotocamera tradizionale mostrano i loro limiti.

Qualche esempio con la Pocket6k

Naturalmente questa è una soluzione alternativa, ma non primaria dove una fotocamera con mille e più elementi è LA soluzione per fare fotografia, resto dell’idea che ogni strumento esprime il meglio nel lavoro per cui è stato creato.

Torniamo indietro, fosse facile

Oggi molte aziende ci costringono ad essere ostaggi dei loro software, delle loro scelte ma soprattutto dei loro ERRORI!!!
Tempo fà i formati con cui si salvavano i progetti di postproduzione, di montaggio, di grafica avevano un minimo di retrocompatibilità, ma oggi siamo forzati ad usare l’ultima versione del programma altrimenti è impossibile leggere un file realizzato anche solo con una versione successiva.

Il problema nasce dal fatto che oggi più che 10 anni fà gli sviluppatori sono diventati delle vacche (termine italiano, mucche è un volgarismo tratto dal fiorentino ed erroneamente assurto a termine italiano pensando che sia meno volgare del termine vacca) da mungere da un programma all’altro, e quindi oltre ad avere la frustrazione di esere spostati da un programma all’altro, alla difficoltà di dover metter mano ogni 6 mesi a codice non loro e spesso non commentato, si sono impigriti e sviluppano i software sempre peggio.

Spesso sento programmatori che protestano di questa mia denominazione, ma non sanno poi rispondere di fronte all’evidenza di programmi che producono sempre più errori e problemi riversando sull’utente finale il problema di esportare il lavoro finito in condizioni decenti o combattere con tutti i bug che fanno chiudere il programma mentre uno lavora.

Molte aziende tolgono la retrocompatibilità con la scusa che nelle versioni vecchie mancano certe funzionalità, io rispondo che se nei programmi nuovi funzionassero le vecchie funzionalità, non avrei motivo di fare dei downgrade per completare il mio lavoro…

Comunque oggi vediamo un modo poco evidente di fare downgrade di progetti, per due software Adobe : After Effects e Premiere

After effects per fortuna prevede aprendo anche nella 2018 di andare su file / salva con nome
e presenta sia la versione 2014 che la cc. Non è un caso della scelta di questi due formati, infatti con la 2014 Adobe ha concluso lo sviluppo di diversi addon e software sia per Premiere che AfterEffects, ha smesso lo sviluppo multiprocessore e multicore, quindi se aprite After 2015 e lo vedete più lento, ecco spiegato il motivo…
La versione CC prevede di salvare anche per CS6, in modo da poter essere compatibili con i progetti realizzati in passato e poter collaborare con chi ancora ha deciso di continuare con un prodotto che aveva raggiunto la sua stabilità produttiva sia in stabilità che velocità.

Premiere è un programma per montatori, quindi ovviamente meno complesso di un programma di compositing, per questa ragione Adobe ha preferito evitare questa trafila, non permette proprio il salvataggio per le vecchie versioni del programma Premiere…
Esiste un trucco per ripristinare la compatibilità, un trucco banale e semplice, ma pochi lo conoscono :

Il file di premiere è un xml compresso con Gzip, quindi è possibile editarlo con un banale editor di testi. Di default un file Premiere viene salvato con estensione “prproj”, ma rinominandolo “.zip” sarà possibile scompattare e leggere il file di testo contenuto in esso. Aprendolo con un editor xml o di testo che non alteri il formato, dal semplice text edit di windows all’editor di testi del mac, basta cambiare nella quarta riga la voce finale di version al valore 1, da

<Project ObjectID="1" ClassID="62ad66dd-0dcd-42da-a660-6d8fbde94876" Version="33">

a

<Project ObjectID="1" ClassID="62ad66dd-0dcd-42da-a660-6d8fbde94876" Version="1">

in questo modo all’apertura premiere penserà che sia un file del primo premiere, leggerà tutto quello che può interpretare e scarterà le voci non conosciute, permettendoci di aprire il file in ogni versione di premiere windows e mac.

Importante è rimettere (senza ricomprimere non serve e se non usate gzip darà errore) l’estensione “.prproj”.

Una informazione banale ma non troppo è che il sistema cloud prevede di installare le vecchie versioni dei pacchetti, ma non in contemporanea, il che comporta diversi disagi e tempi pressochè infiniti, ammenochè… voi non torniate indietro nel tempo e utilizzate i metodi vecchia scuola, ovvero l’installer…

apparentemente Adobe non rende disponibile direttamente gli installer dei vari pacchetti della cloud, ma per fortuna esiste un sito dove abbiamo la possibilità di trovare i link ufficiali sul sito Adobe per scaricare le diverse versioni dei programmi della suite Cloud.


Workflow per la stopmotion

Workflow… una parola spesso osteggiata, perchè implica un certo tipo di lavoro, di processo e spesso se non se ne comprendono i vantaggi potrebbe essere depracato in favore di processi più semplici, già provati e vissuti.

Personalmente sono un maniaco del controllo, della gestione di tutto, dai file alle immagini, fino al video e agli elementi 3d,e quindi in ogni tipo di lavoro posso inizialmente giocare per prendere confidenza con gli elementi, ma quando si tratta poi di lavorare seriamente, studio tutto il possibile per trovare il workflow migliore, che mi permetta di rendere al meglio i miei sforzi.

Alle volte dò per scontato troppe cose, dopo una semplice chiaccherata con una persona, ho capito che forse era utile buttar giù due righe su come gestire facilmente sequenze di file raw, in particolare quelli derivati da sequenze fotografiche, che potrebbero essere semplicemente un timelapse, oppure più importante, una animazione stopmotion, dove sudore e sangue sono stati spesi durante le ore per costruire fotogramma dopo fotogramma la magia dell’animazione.

Cos’è una sequenza di frame?

Un insieme di fotogrammi separati che devono essere gestiti come gruppo, ma vengono visti come singoli elementi. A seconda dei programmi potranno essere visti come un unico elemento (Resolve, Premiere, AfterEffects per esempio) o come tante fotografie separate (Photoshop o Lightroom).

Perchè scattare in raw invece che in jpeg?

Nella stopmotion da diversi anni si utilizzano le Dslr per lo scatto singolo, più comode, più semplici, più potenti della classica cinepresa da stopmotion, e con le nuove funzionalità digitali si possono usare tanti aiuti digitali come i programmi per la stopmotion, uno tra questi è DragonFrame, che permette di vedere, previsualizzare l’animazione mentre si lavora, disegnare curve di animazione, gestire più facilmente il reshooting e molto altro.

Quando si scatta con una DSLR ci sono più opzioni di salvataggio delle fotografie, il classico jpeg a due o tre livelli di compressione, alcune camere salvano in tiff, mentre il meglio si ottiene salvando nel formato detto RAW.

Il raw in realtà non è un vero e proprio formato, ma un metodo di salvataggio dei dati grezzi del sensore della camera prima che siano elaborati dalla stessa; ogni camera ha un chip di process dell’immagine che elabora i colori, la luminosità, etc per poi salvare le immagini come tif o jpeg, ma la maggior parte delle camere potendo salvare i dati grezzi come raw offrono la opzione di salvare al volo più o meno tutto quello che il sensore è in grado di catturare, poi dopo con calma elaborare i dati.

Ogni brand ha il suo formato raw, che viene poi gestito all’interno delle diverse applicazioni in più modi e con metodi diversi, per gestire questo tipo di file ci sono diversi metodi di lavoro.

Utilizzare il raw offre un controllo sull’immagine, sulla qualità, sulle correzioni veramente unico, inoltre basta poco a livello pratico per migliorare una immagine perchè banalmente… un jpeg classico è un file a 8bit, mentre un raw quando è scarso è a 12bit, vuol dire che se in un jpg posso registrare al massimo 16 milioni di sfumature, nel raw peggiore che possiamo registrare ne abbiamo almeno quasi 69 MILIARDI, cioè 4294 volte più ricco del jpeg…

Workflow rapido

ovviamente un file raw ha un peso maggiore di un jpeg, anche se non sempre tanto alto proporzionalmente alla qualità estesa, per cui spesso girare scattare in raw per eventi come i timelapse e l’animazione stop motion è conveniente e richiede poco lavoro in più, in cui in realtà quasi tutto è automatico, ma consente di avere una qualità maggiore a livello globale, maggior flessibilità operativa, e in caso di problemi avere più di quattromila volte lo spazio di azione in post. Inoltre in caso di recupero di immagini sovra o sottoesposte, non essendo danneggiate dalla compressione jpeg, si possono recuperare agilmente diversi stop senza problema.

Il workflow più efficiente per ottimizzare tempi e qualità può essere il seguente:

  1. Scatto raw
  2. Utilizzando Lightroom eseguire la divisione per cartelle per ogni scena e/o sequenza per ottimizzare l’organizzazione globale, usando il nome delle cartelle/file relativi alla scena per semplificare ricerca e organizzazione.
  3. Archiviazione dei DNG per future possibili lavorazioni
  4. Uso di MediaEncoder per la creazione dei file h264 per l’editing
  5. Terminato editing, post etc, prima del rendering sostituzione dei file di lavorazione con le clip DNG correttamente leggibili dai prodotti Adobe.

Questi passaggi potrebbero spaventare, ma in realtà sono molto semplici e possono essere gestiti in automatico, con l’ausilio di Adobe Lightroom per la gestione del raw semplificato.

Fase 1

Durante la fase di scatto sarebbe utile dividere in qualche modo le cartelle, diverse dslr prevedono la possibilità di nominare e dividere le cartelle delle card usate direttamente dalla camera, di seguito trovate per i principali brand il metodo di creazione, altrimenti fare riferimento al manuale d’istruzioni della camera.

per Canon si fanno i seguenti step :
– entrare nel Menu –> Impostazione con chiave inglese–> seleziona cartella –> Crea cartella
– entrare nel Menu –> Impostazione con chiave inglese–> seleziona cartella (e si sceglie la nuova)

per Nikon si fanno i seguenti step :
– entrare nel Menu –> Menù di ripresa –> Cartella di memorizzazione –>
seleziona cartella per numero –> Cambiare numero
 – entrare nel Menu –> Menù di ripresa –> Cartella di memorizzazione –> seleziona cartella da elenco

per Sony si fanno i seguenti step :
– entrare nel Menu –> Impostazione –> Nuova cartella
– entrare nel Menu –> Impostazione –> Selez. cartella REG

se non possibile la soluzione più agile è quella di usare un semplice blocknotes con il nome della scena prima del resto, questo fa si che sia più semplice dividere le fotografie rivedendo le foto con un qualunque browser fotografico, dal semplice finder o gestione risorse fino al potente ma gratuito Adobe Bridge.

Fase 2

La gestione della divisione in cartelle e nominazione può essere eseguita da diversi software, lo stesso Lightroom prevede di leggere senza copiare direttamente le cartelle, selezionare le fotografie relative alla scena, file/esporta e esportare i file in una cartella personalizzata (nome scena), rinominando le fotografie esportate, convertendole in Dng, formato più agile e comodo da gestire dentro i prodotti Adobe e non solo.

In questa fase possiamo organizzare le diverse fotografie, organizzarle per scene, correggere e ottimizzare le fotografie, prepararle per la fase dell’editing eseguendo correzioni del colore, stabilizzare eventuali differenze di luminosità, ottimizzare la qualità delle fotografie originali.

Fase 3

Il sistema più efficiente per archiviare i Dng è quello di creare una copia su un HD esterno al computer, sono da evitare dvd e bluray che nel tempo possono corrompersi e/o degradarsi facendo perdere la copia di sicurezza.

Fase 4

Adobe Media Encoder, se si apre il suo Browser multimediale, è in grado di vedere una cartella contenente una sequenza di DNG come una sequenza video, quindi è semplice trasportare la sequenza su un preset, e trasformarla da un’agile H264 per l’editing a file meno compressi e di maggior qualità.

Fase 5

Completato l’editing, è possibile sganciare i video creati con mediaencoder e agganciare i file Dng originali con una semplice operazione, selezionando tutte le clip, click destro mettendo offline le clip, poi successivamente, click destro collega oggetto multimediale per collegare direttamente i file DNG e avere tutta la qualità possibile da essi.

Da queste poche indicazioni diventa evidente come sia semplice da Lightroom eseguire delle regolazioni sulle immagini, copiarle da una foto a tutte le altre, e dopo aver esportato le dng usare file più leggeri di lavoro.


Scambiamoci i file… sappiamo come fare?

Negli ultimi 20 anni, si ho scritto venti, ma uso i computer da più di 34 anni, e sono meno vecchio di quanto pensiate, ho scambiato milioni di file, e più passa il tempo e più mi rendo conto che ci sia IGNORANZA COMPLETA su cosa vuol dire fornire i file originali.

Pur essendo un regista, ho sviluppato una buona competenza (in inglese “quite good knowledge” in americano “i’m a god”) nel montaggio e postproduzione video e cinema, dal postprocessing al digital compositing, color grading e 3d animation.

Il problema più grande quando si lavora con le altre persone è l’ignoranza e la superficialità con cui molte persone trattano i file, causando danni con compressioni inutili, e/o conversioni mal fatte che degradano i materiali.

Se non sapete cosa state facendo (90% delle persone) NON TOCCATE NULLA.

In questo post ho deciso di elencare tutte le regole/consigli per importare e/o scambiare i materiali tra progetti e/o programmi e ottenere i migliori risultati. Prima di fare questo sfatiamo qualche mito, perchè prima di metterci a lavorare sul tavolo è meglio pulirlo :

Mito 1 Il peso del file determina la qualità!

Vero, entro certi termini, nel senso che un file molto pesante teoricamente può contenere molte più informazioni, ma anche un file leggero, se ben codificato può contente molte informazioni, per cui il peso da una informazione relativa della qualità generale, ma non è l’elemento definitivo di giudizio.

Mito 2 Un file compresso è più leggero!

Non è vero, è più leggero solo come peso sulla card, ma a livello di calcolo e quindi di utilizzo è più pesante.
Quando si registra un file con una telecamera, videoreflex lo scopo medio di queste macchine è permettere di portare a casa file che abbiano un equilibrio tra peso e qualità, quindi i file hanno codifiche che ottimizzano il peso del file, usando un codec (ieri mpg2, oggi H264 e h265) che usando la codifica hardware (un chip sulla camera) registra le informazioni dei diversi frame in modo da occupare meno spazio, ma tale scelta comporta che non si registrino tutte le informazioni, usando algoritmi che ottimizzano le informazioni.

Nel momento in cui si apre questo file in un programma di montaggio o di post il file, evidentemente nato per rec e play, richiederà un maggior sforzo e quindi prestazioni dal computer per essere Editato, infatti spesso nel campo professionale i diversi programmi di NLE hanno i loro codec DI (Digital Intermediate) nei quali convertono i girati, in modo che tutte le informazioni siano accessibili in modo veloce e rapido. Avid ha DNxHD, Edius ha il suo GV, Adobe ha Cineform (di serie da cc2014), Finalcut il ProRes, tutti codec nati per essere usati nel montaggio, che hanno spazio colore ampio, velocità di accesso ai dati, ottimizzati anche per rendering a cascata con perdite ridotte.

Mito 3 Se converto perdo sempre qualcosa!

non è esatto, la conversione può far perdere la qualità  solo se si converte verso il basso, ovvero in un formato più compresso, con meno spazio di codifica colore, o con un bitrate più svantaggioso.
Esistono dei codec di qualità verso i quali convertire può essere conveniente sia per lavorare i video che editarli semplicemente. Se si parte con un file a bassa qualità la conversione verso un formato più ricco non lo potrà migliorare (al max un upsampling del rosso per evitare degradi in post spinta), ma almeno eviterà perdite di qualità durante la manipolazione dello stesso file.

Mito 4 Tanto è digitale quindi è buono

l’idea che l’origine offra una garanzia di qualità è talmente banale, che non vedo perchè debba essere confutata…
quindi dato che acquisisco un vhs in 4k digitale avrò un file di ottima qualità, oppure se ho un prodotto in pellicola 70mm non è di ottima qualità perchè è un mezzo analogico di registrazione dei dati.

Mito 5 Se lo vedo bene in camera va bene per tutto

Dipende la camera come mostra le immagini… la prima accezione che si può fare è che la maggior parte delle camere non hanno monitor della stessa risoluzione di ripresa e/o di dimensioni corrette per giudicare la qualità del materiale girato. Inoltre molti scambiano la visione del materiale live con la registrazione, il fatto di vedere bene le immagini durante la ripresa non significa che il materiale sia registrato in quel modo. Ad esempio la mia vecchia HDV30 aveva un sensore FullHD, un monitor che era sotto la risoluzione SD, la registrazione in HDV 1440×1080, ma l’uscita da HDMI FullHD pulita che registrata esternamente offre una qualità che non sarà mai apprezzabile intermente dalla camera.

Spesso con chi fa questo discorso il rischio è anche un altro, che modifichi i parametri della camera in funzione del monitor, comprese quelle impostazioni come lo sharpness che non è giudicabile se non in zoom al 100% su monitor esterno e in grande, altrimenti si creano difetti e artefatti che non saranno eliminabili in post.

Mito 6 Ti ho dato un file FullHd è materiale buono

il fatto che il formato di salvataggio sia FullHD non significa che contenga una matrice vera di punti di 1920×1080, ma semplicemente che hanno riempito un file di quel formato con delle informazioni… lo scetticismo nasce dal fatto che negli ultimi 20 anni sono esistite tante macchine che salvavano diversi formati HD fullHD partendo da sensori che non contenevano abbastanza pixel per formare una matrice fullHD, comprese diverse cineprese digitali che usavano trucchi diversi dal Pixel shifting all’upsampling di alcuni canali fino a telecamere che mentivano direttamente sulle loro caratteristiche indicando direttamente i formati di uscita, ma non che avevano sensori molto piccoli, e parlo del numero di pixel e non della dimensione del sensore.

Negli anni sono state fatte camere che avevano sensori 960×540, ma traslando il canale del verde, spacciavano la risoluzione reale in uscita in 1920×1080; sensori fullHD che registravano in HDV 1440×1080 con pixel rettangolari, sensori 1280×720 che registrano file 1920×1080 con upsampling, e si nota dalla minor nitidezza salvando alla risoluzione massima (che dovrebbe offrire al contrario una maggior nitidezza).

Inoltre una camera che gira in FullHD e registra in FullHD potrebbe comunque offrire un pessimo file, se troppo compresso, se mal gestito nel campionamento colore, etc potrebbe rovinare il materiale catturato bene dal sensore.

Anche i cellulari catturano in FullHD e 4K, ma tra la compressione, e la mancanza di luce il risultato può essere di basso livello. Uso il condizionale perchè ho personalmente catturato da cellulari (di fascia alta) filmati di qualità buona e utilizzabili in diverse situazioni video. La differenza oltre alle condizioni di luce lo fanno l’app di cattura e i settaggi di ripresa.

Mito 7 Ti ho esportato i file originali

se li esportiamo non sono più i file originali…
esistono solo poche eccezionali combinazioni tra codec e NLE in grado di esportare i file originali facendo un taglia e incolla del flusso originale, tranne per i punti di transizione, ma solitamente chi dice di aver esportato i file originali non conosce i sistemi di direct to strem nei programmi di NLE quindi probabilmente avranno fatto danni.

Negli altri casi ogni tipo di esportazione avrà rielaborato i file originali, la maggior parte degli NLE non lavorano in uno spazio colore a 32bit, quindi le probabilità di alterazione dei filmati sarà del 99,99%.

Se anche così non fosse l’esportazione consta di un gigantico file senza stacchi complicato e scomodo da usare per la postproduzione, mentre esportare un file XML con collegati i file originali (tutti gli NLE hanno un sistema di collect, content managment, raggruppamento dei file utilizzati nel progetto).

Ogni scambio di materiale per la lavorazione video la soluzione migliore sarebbe che ci sia un Dit che segue e controlla la procedura, ma in assenza di esso, il miglior modo di evitare perdite di qualità è che si fornisca una copia del girato originale per evitare perdite legate ai diversi passaggi di materiale da parte di persone non addette ai lavori.
Insieme al materiale un file di edit in formato XML FinalCut che è apribile da ogni NLE e programma di Post serio. Una copia Lavoro del filmato per ricontrollare che il materiale esportato corrisponda al materiale creato.

Mito 8 Lavoriamo in interlacciato che è più fluido

no comment… chiunque faccia questo discorso ha un solo alibi, se lavora per filmati che andranno messi in onda, altrimenti la ripresa interlacciata e la ripresa progressiva offrono la stessa fluidità a parità di corrette impostazioni di ripresa di shutter.

Il vantaggio effettivo dell’interlacciatura è che separando la cattura dei campi, i due semiquadri sono sfasati e quindi come tali offrono la percezione di maggior sfuocatura di movimento rispetto alla ripresa classica.

Spesso chi fa la ripresa preferisce l’interlacciatura al progressivo perchè spesso il progressivo è catturato a shutter troppo alti e quindi come tali risultano stroboscopici, per cui la soluzione migliore è la scelta della corretta otturazione, ho dedicato un articolo relativo proprio a questo tipo di problematiche e come agire correttamente.


Rewrap dei file, come gestirli al meglio rapidamente.

Come si gestisce un rewrap sotto MacOsX usando software free

Alle volte basta poco per semplificarsi la vita, ma basta ancor meno a complicarsela… Quando si lavora con diverse telecamere e con dslr che utilizzano la struttura dell’AVCHD si può avere qualche problema a gestirli da programmi di montaggio e post, perchè usano il formato MTS come contenitore, e una serie di cartelle e sottocartelle come struttura. Tutto naque dall’idea di registrare in questo modo, perchè è anche il formato utilizzato per creare un Bluray, quindi copiando la struttura completa dentro un disco bluray verrà poi letto da un normale lettore. Tutto bene se vogliamo farci subito un bluray, ma se vogliamo editarli … sia sotto windows che sotto mac potremmo incontrare delle difficoltà.

Sotto MacOs X le strutture dell’AVCHD vengono viste come una struttura più … “rigida” per cui è importante sapere come gestirle.

L’avchd è un file H264 inglobato in una struttura di cartelle e sottocartelle utili e parallele a quelle del bluray per semplificare il passaggio dalla camera al disco bluray con un semplice masterizzatore, ma quando vogliamo editare i file ci troviamo di fronte a dei file di estensione .MTS, che il finder non gestisce comodamente (in realtà neanche l’explorer di windows).

L’operazione più semplice, veloce e comoda per gestirli è il procedimento detto ReWrap, ovvero cambiamo il contenitore, da Mts a Mov. Il reWrap NON ricomprime i dati, quindi NON ci sono alterazioni o perdite d’informazione. Ma cambiando il contenitore a mov magicamente tutti i programmi apriranno i file, il finder ve ne farà le preview e così via…

Inoltre l’operazione è poco più lenta di una copia dei file.

Ci sono diverse applicazioni che eseguono il rewrap, e in particolare la più potente è Ffmpeg, una utility free che esegue centinaia di compiti, con velocità, qualità, etc peccato che sia un programma a comando di linea, ovvero viene gestito dalla console di comando come si faceva 40 anni fà, per fortuna diversi sviluppatori hanno creato delle interfacce grafiche per eseguire questo compito.

Vi indico due software che usano ffmpeg sotto mac, che vi permettono di fare il rewrap. Di seguito trovate le indicazioni per utilizzare il primo free, e il link per il secondo che è a pagamento, anche se una cifra molto irrisoria.

Quali sono le operazioni da compiere?

Poche e semplici :

Fase 1 : poter leggere i file della struttura come file e non come cartella

Per copiare i file dello stream AVCHD dobbiamo vedere la sua cartella, quindi apriamo la scheda relativa :

avchd_02

Mostra pacchetto serve a vedere il contenuto

La cartella Private sembra un file, ma in realtà basta poco, con un click destro scegliamo :

MOSTRA CONTENUTO PACCHETTO

Così possiamo navigare nelle cartelle interne, dovremo ripetere tale operazione per diverse cartelle per navigare nelle sottocartelle.

Dobbiamo entrare dentro la struttura dell’AVCHD

Praticamente dobbiamo entrare dentro :

– PRIVATE – AVCHD – STREAM

avchd_05

Il percorso effettivo

Proprio in quest’ultima cartella troviamo i file Video.

Copiamoli sull’ Hard disk per essere più rapidi nelle varie procedure.

E’ possibile anche non copiarle direttamente sul disco, ma sarebbe più lenta l’operazione


Fase 2 Media Converter

Andiamo sul sito di Media converter, una utility Free che fa da Front END a ffmpeg encoder gratuito.

avchd_07

quale preset usare

Dalla sezione Preset, scaricate il preset per il rewrap dell’AVCHD, perchè non è di serie nel programma.

Ce ne sono due, uno che non considera audio, l’altro che lo considera.

Il programma non richiede installazione

basta copiarlo nella cartella applicazioni e lanciarlo.

avchd_08 come aggiungere i preset

Per installare i preset basta andare sulle preference, e cliccate sulla voce preset.

Per aggiungere il preset basta cliccare sul simbolo + in basso a sinistra

Si apre la finestrella che vedete sotto, e cliccate su Open an existing preset file, e selezionate il file scaricato.

Una volta caricati i preset a vostra scelta, potete chiudere il pannello delle preferenze. E siete pronti ad eseguire il ReWrap.

 

 


Fase 3 CONVERSIONE

avchd_09

conversione facile

Scegliamo dal menù a tendina il formato che vogliamo come output finale per i nostri file, in questo caso scegliamo il Re-Wrap.

Si trascinano i file video che vogliamo gestire direttamente sulla finestra del programma.

Appena si rilasciano il programma chiede dove salvare i file risultanti, specifichiamo un percorso e il programma inizia a lavorare.

 

avchd_13

 

E poi basta attendere pochi secondi o minuti a seconda del numero e della durata dei filmati.

Il risultato saranno dei file .MOV apribili e gestibili nei vari programmi.

Nota a margine, se per qualche ragione non vi fa installare il preset per tutti gli utenti, la ragione è molto semplice, non avete il permesso di aggiornare le cartelle interne come utente, quindi dovrete scaricare la utility free  BatChMode, che vi permette di resettare i permessi della cartella preset del programma.

Una alternativa è copiare manualmente nella cartella utente/nome utente/library/application support/media converter/Preset i file dei preset che potete reperire online.

Un’altra applicazione molto interessante per il rewrap sotto MacOsx è la suite di Emmgunn, una serie di utility che vi permettono sia di rewrappare un file in mp4/mkv/avi o di comprimerlo in tali formati se il codec di partenza non è supportato nel rewrap. La versione free ha la limitazione di eseguire una conversione alla volta, ma abbastanza per apprezzare la qualità di interfaccia etc. Sempre basato su Ffmpeg, è una suite di encoder che costa meno di una pizza e ne vale la pena per velocità e qualità.

Aggiornamento 21 luglio 2018: grazie al progressivo sviluppo della taccagneria dei venditori di software (oggi sono caustico e ne ho motivo) la maggior aprte dei software video non legge/decodifica più l’audio in codec AC3 perchè sono scadute e non sono state rinnovate le Royalties con Dolby, Windows con l’upgrade 1851 ha tolto il supporto a tale codec dal sistema quindi potreste scoprire che i vostri file sono senza audio (la maggior parte delle camere prosumer e fotocamere usa il dolby AC3 per la codifica dell’audio). Il preset che fa il rewrap del video converte in non compresso l’audio e vi permette quindi poi di leggerlo anche da applicazioni senza codec AC3


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